Quando l’identità passa per i friarielli…

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E poi accade sempre qualcosa che spariglia e in questo caso si tratta di una visita a Napoli.

Spinta da un senso atavico di “fretta” (manco fossi nata nel Canton Ticino), anche adesso che avrei potuto prendermela con comodo dato che ufficialmente non sto più lavorando, mi sono concessa la solita spedizione lampo, di quelle spedizioni che ti obbligano a contare anche il tempo che passi a fare colazione, altrimenti poi non riesci ad andare… non riesci a salutare… poi perdi il treno di rientro…

Vita vissuta milioni di volte, maledetta me, decine di cose lasciate a metà.

Io non lo so perchè finisco così spesso per parlare di Napoli: la verità è che mi è visceralmente impossibile non parlarne.

La città è sempre immobile, oramai sono convinta che niente possa smuoverla. C’era una vecchia freddura che si raccontava a casa mia (e la dice lunga sui livelli di umorismo in cui sono cresciuta) che spiega chiaramente quello che intendo: “Donna Titina, correte, il terremoto…” “Sì, sì… mò, mò…”. Ecco, esattamente come Napoli: ogni tanto fa finta, ma in verità niente la tocca.

Vederla durante la settimana però è stato molto bello, non mi capitava da un sacco di tempo. E così, anche questa volta, superate le mille incazzature&incredulità che non puoi non provare quando vai un po’ in giro, una parte di me non se ne sarebbe più andata.

Il mio rapporto con Napoli è fatto di tante cose: passa innanzitutto attraverso vari pezzi di me lasciati lì tra i miei amici più cari, che ogni volta mi stupisco di ritrovare sempre intatti (i pezzi di me, dico, ma pure un po’ gli amici in effetti). Poi ci sono i luoghi, gli scorci ed io sarei capace di andarli a vedere anche mille volte, quasi per conferma che sono sempre lì. E poi passa anche attraverso il cibo, che a Napoli non è solo sostentamento o sfizio, a Napoli il cibo è proprio identità.

Questa volta ha avuto di diverso il fatto che non sono andata sempre smangiucchiando per friggitorie o ristorantini, come faccio quando vado a Napoli nel fine settimana con il marito, ma ho ritrovato la nitidezza dei sapori dei miei piatti di sempre e tutto ha preso una luce diversa.

Poi lasciate stare se tra colazioni-pranzi-e-cene ci è scappato anche un panino scamorza e friarielli al Sombrero con tre amici: altro che identità, quello è stato un vero bagno di sangue, tanto che gli sventurati hanno preteso l’anonimato.

anonimi

20 risposte a "Quando l’identità passa per i friarielli…"

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  1. Riesco perfettamente a vederci uno straordinario parallelismo amo Palermo. Comunque bellissima Napoli. E bellissimo il modo che trovi per riviverla e per farla vivere a noi!

  2. ciao quartopiano,
    sono la pozzanghera di fango che sta al pianoterra. ho fatto qualche cambiamento nel blog (url) e mi è stato detto che non arrivano le notifiche ai vecchi iscritti, anche se risultano ancora tali.
    quindi – se ti va – disiscriviti e reiscriviti al nuovo url ffangoo.wordpress.com e in teoria così tutto dovrebbe funzionare.
    bye

  3. ma a proposito di identità.
    un locale che fa panini il cui stato civile è “coniugato con napoli” può poi chiamarsi Il Sombrero? Cos’è? depistaggio?

  4. il sombrero è lugo di culto del cibo, non solo un paninaio napoletano. mettiamo bene i puntini sulle i 😀
    lode e gloria al sombrero!

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