Sono stata più volte al Giglio.
Il primo ricordo che riaffiora è che è un’isoletta deliziosa, che ha pochissime strutture alberghiere e che in gran parte è disabitata (assafà).
Mi viene in mente il campeggio con le canadesi di legno e con i bagni che hanno l’acqua calda con la moneta (che finisce sempre troppo presto), le discese e le salite con i tornanti circondate da piccoli vigneti, il sole che illumina le rocce e che al tramonto le colora di un rosa-dorato, le onde forti e continue che ti facevano tagliare sugli scogli appuntiti di pietra arenaria (?), i miei nontuffi e tutto il tempo passato sullo scoglio a dire a tutti: tranquilli, ora mi butto.
L’insalata di riso mangiata con i giornalisti su una piccola spiaggetta, l’iPod, il soccorso alla moto in avaria di due ragazzi, quando poi è è finita la benzina alla nostra (di moto), l’unico ristorante buono al porto che però dopo meno di un anno aveva praticamente raddoppiato i prezzi (sì, però la spigola in crosta…), l’attesa del traghetto che è sempre uguale in qualsiasi parte del mondo sei, la corsa campestre, i palazzetti antichi nella città alta che in qualche punto somigliano a Venezia (certo incredibile!), la vista sul mare aperto dai bastioni, i racconti della Namibia mentre preparavamo il pranzo sotto agli alberi, la colazione, il “siamo al bar” scritto con le pietre davanti alla “tenda” di due amici, la barchetta che abbiamo affittato per farci un giro tuffandoci nell’amarcord, il tuffo di Riccardo (splof).
E, naturalmente, il faro rosso.
mi sa che sono andata anch’io in quel ristorante…ma che vuoi…a quel tempo ero ‘in love’….e mi pareva tutto bellissimissimo…perfino i morsi (?) di medusa…e poi sapevo giocare a racchette 😂😂
Vero, essere in love cambia tutte le prospettive. certo che però saper giocare a racchettoni è una dote acquisita che poi ti rimane!