Pirano istriana, slovena, italiana… certo che non avere sottopelle la storia di questi luoghi rende molto difficile capire davvero le emozioni ed i tormenti di queste terre combattute, divise, annesse e liberate rende difficilissimo capire quello che ti raccontano gli abitanti e che vedi tutt’attorno.
A Pirano si respirano aria familiare ed aria straniera, tutte e due nello stesso tempo, in una maniera se volete incomprensibile perchè non è alternativa, ma coesiste… un po’ come la rivoluzione dei computer quantistici di cui vi parlavo tempo fa: le informazioni non sono più zero o uno, ma zero e uno. Non saprei spiegarlo in altro modo.
Le palazzine sembrano familiari, ma le finestre e l’aria che si percepisce delle case no; i piccoli campi (piazzette) hanno un’aria familiare, ma il marmo poroso di cui sono fatti no; le osmize hanno un aria familiare, ma il teràn che servono no. Potrei continuare all’infinito, è così per le piccole lance ormeggiate al porticciolo, sedie e tavolini per strada, negozietti di roba usata, bambini con leccalecca, scritte sui muri, cani con padroni, musica che risuona nelle stradine, musei del mare. Tutto visto milioni di volte e tutto allo stesso tempo nuovo.
E così, affacciati verso Trieste e guardando le montagne alle spalle, con la vista intervallata da gabbiani che si lasciano andare nel vento fortissimo che tira costante, proprio non ci si capacita di come tanti anni prima solo pochi chilometri più in là le persone si consumassero in una guerra estenuante.
Condivido, e aggiungo che la malvasia istriana, ottima, è proprio diversa dalla nostra malvasia. Ma come mai le foto che hai fatto tu sono più belle delle mie? però ne ho una di D molto bella affacciato dal campanile, solo che non so come mandartela. Forse ci provo via telefonino. Un bacio cara Pap
Caro Pap, che sorpresa leggerti qui. …ma quindi deduco che hai vinto tu nella lotta contro la password… 🙂