I mille blu della Polinesia

Polinesia is in the air

Il principale problema che si incontra in Polinesia è che all’inizio pensi che sia un problema del fuso orario. Avere un fuso orario di 12 ore rispetto a casa da un lato è molto comodo (per dirvi, non dovete spostare le lancette dell’orologio), ma dall’altro è un po’ spossante, soprattutto all’inizio. Quindi è ovvio che quando notate che regolarmente vi mancano le parole per alcune definizioni per delle cose banali (i colori, ad esempio), all’inizio pensate: è colpa del fuso.

Poi invece vi rendete conto, con il passare del tempo, che il vero problema è che siamo del tutto sprovvisti di alcuni termini e che, per esempio, tutte quelle tinte di blu nella nostra vita non le avevamo ancora viste, non così nitide, non tutte insieme: ecco perchè non ci vengono i nomi.

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Come spesso succede, anche in questo caso il termine Polinesia racchiude molti significati, isole e popolazioni differenti. E migliaia di luoghi comuni.

Andiamo per ordine: innanzitutto stiamo parlando di Oceania (e già qui…); poi parliamo di diversi arcipelaghi di isole, ognuna di esse con popolazioni diverse, tradizioni, usi e costumi (e che costumi!) Isole della Società, Australi, Marchesi, Gambier e Tuamotu.

La prima sensazione che provate atterrando in queste terre è la solitudine, ma quella solitudine che fa venire il vuoto nello stomaco e che non passa.

Le isole, che a prima vista sembrano paradisiache, di paradiso hanno ben poco perchè, se ci pensate, si devono difendere da una natura che chiamare matrigna è un complimento.

Una semplice barriera corallina le difende dalla violenza furibonda dell’oceano (barriera che un po’ è salvezza, ma un po’ è prigione, perchè spesso impedisce alle barche di  entrare e uscire dalla laguna, “isolando” gli abitanti per giorni ed uccide chiunque venga sbattuto contro di essa dalle onde).

Il vento e il mare non mollano mai: il rumore delle onde che si infrangono contro la barriera corallina è costante ed è cattivo e non ti permette mai di dimenticare chi comanda in quelle (non)terre.

Le acque sono pescose quasi oltre ogni immaginazione, d’accordo, ma le isole sono poverissime di prodotti agricoli e, cocchi a parte, la dieta è molto poco varia e frutta e verdura (per parlare delle cose più elementari) vanno importate.

Se considerate che il maggior numero di turisti in Polinesia o è estremamente elitario (buon per loro) o scimmiotta di esserlo (coppie in luna di miele), i tre quarti della Polinesia orbita attorno a questo “business”, facendo sì che i prezzi e le strutture in generale siano costosissime, ma costosissime, ma costosissime che mi vergogno a pensarlo prima che a dirlo.

Chi decide di affrontare un viaggio fai-da-te-no-alpitur, quindi, rimarrà sempre ai margini di tutto questo ed avrà a che fare con i polinesiani che, abbastanza impreparati, aprono casa propria o piccole pensioncine al turismo indipendente; dovrà vedersela con centinaia di cani randagi incattiviti che girano per strada, con un sistema di trasporti a dir poco singolare (“no, è che oggi il traghetto non c’è perchè ieri la figlia del comandante ha fatto un saggio di danza, e quindi…”); dovrà andare a fare la spesa al supermercato per scoprire che nei banchi frigo si conservano le tiarè che le donne comprano la mattina, che un’insalata in busta costa esattamente quanto un trancio di tonno da mezzo chilo e che baguette e marmellata sono l’unica cosa che ti puoi permettere per colazione, perchè se compri yogurt e 1 pompelmo il conto sarebbe 22 euro (scusate, è passato del tempo ma ho ancora un mancamento se ci penso).

Le persone sono affabili, spesso obese (per junk food e stile di vita sedentario), sensuali ed energiche. Neanche a dirlo, le donne, se sono belle, allora sono straordinarie.

Ci sono molti rerae (pr. rerè) in giro (ossia omosessuali travestiti) oppure mahou (maschi allevati ed educati come femmine, magari perchè ultimi figli di una famiglia che ha avuto solo maschi), entrambi ben integrati nel tessuto sociale, anche se la pratica dei mahou resta inspiegabile, tribale e sconvolgente.

E per concludere il mare. Le sue correnti fortissime, il suo gelo, i suoi colori prima pastello, poi accesi, poi pastello e accesi insieme. La spuma delle onde che si vede nitidamente fin dall’aereo. Il mare in Polinesia è una cosa seria.

E poi il cielo, che se guardi all’orizzonte non lo capisci dove finisce. I tramonti, le conchiglie, il poisson cru, i pesci, gli uccelli, le mante, gli squali, la vaniglia, i vulcani, le spiagge, i surfisti (matti).

Insomma, potrà piacere o meno, affascinare o meno, ma certo non esiste nulla di banale laggiù e, avendone l’opportunità, andrebbe visto con i propri occhi.

6 risposte a "I mille blu della Polinesia"

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  1. mi avevano raccontato di questo turismo elitario e di questi costi elevatissimi, della difficoltà di un viaggio fai da te proprio perchè il paese non aiuta questo tipo di turismo meno redditizio rispetto alle honeymoon. i posti devono essere strepitosi, una cosa da non poter dire neanche. beata te.

    1. è proprio cosí. i posti sono molto affascinanti, ma se non fai parte di quel turismo elitario di cui parlavamo in alcuni casi fai anche fatica a vedere e visitare le spiagge più belle, perchè sono appannaggio di super resort. l’enorme vantaggio è che lí è tutto molto bello… “ti piace vincere facile?” 🙂

  2. Il bello della Polinesia, come dici te, è la possibilità di uscire dal turismo elitario di massa (che contraddizione) e vedere proprio li le situazioni e persone migliori.
    Ho lavorato per il governo della Polinesia quindi ho avuto il privilegio (culo???) di uscire dal tracciato, permettermi anche di fare la vita noiosa e poter partecipare ad alcune breng cioè le loro domeniche dedicate a rovinarsi il fegato partendo dal bourbon alle 9 del mattino.
    Ho scoperto anche le tante osé negative che non trovi sulle guide, come la violenza anche infantile e l’alcolismo diffuso altre che un provincialismo ed invidi fuori dal comune. A quelle tonalità di blu, come dici te, ti fanno dimenticare tutto.
    Bei ricordi. Grazie!!!

    1. Hai ragione, dici delle cose interessanti. Mi ricordo anche che le donne lavorano e gli uomini poltriscono (ma questo anche a casa mia), la violenza diffusa e le aggressioni alle donne dopo le feste di piazza in cui si beve tanto e male (per fortuna solo racconti) e il fatto che friggono col burro. Ma io dico, mi volete tutta ciccia e brufoli?

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