
Mettete che, ogni mattina, servirebbe lo scioglimento del sangue di San Gennaro per arrivare sani, salvi e … il più possibile puliti al lavoro.
E mettete che, tra tutte le vostre mattine, alcune sono facili, ma altre sono estremamente difficili.
E infine mettete che i venti-minuti-venti del tragitto casa-scuola in qualche occasione possono sembrare eterni e vi espongono a tutti i tipi di pericoli, tra cui la messa in discussione collettiva del ruolo che la scuola gioca nell’evoluzione della società moderna e/o qualche incontro ravvicinato con il mondo canino – che va dallo slancio “scusa mamma l’ho baciato in bocca perchè era lui che voleva” al “mi stava mangiando tutt’intero, lo hai visto anche tu?”.
E allora cosa c’è di meglio di una bella storia per tenere tutti col fiato sospeso per 20 minuti fino a scuola?
E così un giorno vedo una Fiat verde decrepita, parcheggiata di frequente sotto casa, prendo il nome di un amico a caso, Davide, e inizio a raccontare.
E quindi il Davide della mia storia, tornava da Perugia a Roma a fine dicembre. Aveva ricevuto un tacchino vivo per Natale dai suoi zii, che però per non farlo volare in macchina lo avevano tutto incellophanato, tranne la testa, ovviamente. Finchè poi…
E fin qui tutto mi sembrava andasse bene. La storia ha sempre ha avuto grande successo di pubblico.
Non avevo mai considerato, però, che un bel giorno Davide potesse venire a trovarci a casa, per farci una sorpresa.
Che rischio. Non lo avevo preparato.
E mettete allora che tre bambini incontrano fisicamente un personaggio mitologico che ritengono di conoscere bene, anzi direi benissimo. E sulle cui scelte, per diversi mesi, hanno avuto parecchio da ridire.
E quindi, quasi sul piede di guerra, lo affrontano con decine di domande, tra cui come aveva potuto maltrattare quel tacchino, come era stato possibile che il tacchino fosse sbalzato sul sedile anteriore, se gli sembrava normale non aver saputo frenare in autostrada, come poteva non sapere che non si scappa dalle macchine ferme al centro dell’autostrada, se anche per lui era stata giusto quando lo avevano arrestato e come aveva potuto pensare di buttare il tacchino nel cassonetto: era incellophanato sì, ma era pur sempre vivo…
Povero Davide, vederlo lì rimpicciolirsi sotto tutti quei colpi.
E per di più incapace di giustificarsi sul perchè si fosse comprato una Fiat Panda verde.
Però io amo le sorprese e quindi grazie Davide, neanche a dirlo: torna quando vuoi!
Non credevo potesse andargli peggio che un “grazie per la bella serata” o un “grazie per averci prestato la casa” e invece….
se lasci fare alla vita, troverà sempre il modo di stupirti.
non trovi?
Voglio vederli anche io crocifiggere un innocente!
Con la bella stagione girate anche per le fiere o bisogna venire lì?
Ti ho mai raccontato di quella storia su Simone, un bar a San Lorenzo ed un microfono?
No, ma ho voglia di ascoltarla. Anche se ho paura che tale Simone finisca peggio di un tacchino
Spesso i Simoni finiscono male. Lo dice anche il nome: Si, moni.
Maùra!
Sta arrivando la coronavirus – come
Dice mia figlia B.
Fammi indovinare: il tacchino non aveva le cinture di sicurezza infilate dentro al cellophane e neanche il seggiolino anti-abbandono. Grave, gravissimo, altro che innocente.
Ma infatti, ammennicoli, qui parliamo di crimini contro la tacchinità