
Non so quante volte l’ho raccontata questa storia.
Quando arrivammo a Goa negli ultimi giorni del monsone, non ci eravamo resi conto razionalmente di cosa avremmo visto e vissuto.
Convinti che il monsone fosse solo una pioggia più forte del solito e più continuativa, dal taxi che prendemmo in aeroporto ci facemmo lasciare dietro una duna oltre la quale iniziava la spiaggia di Palolem. Ricordo che all’inizio quasi non notammo il fatto che, avanzando verso il mare, dovevamo scavalcare una miriade di detriti ma poi, quando arrivammo sulla spiaggia, capimmo.
Lo scenario era apocalittico, baracche distrutte per terra, rami di palme spezzati, detriti di ogni tipo. In una parola: devastazione.
In quel momento non pioveva, la sabbia era terra bagnata ed il mare era fragoroso.
Fu solo la notte che però capimmo effettivamente che cosa significa vivere in un piccolo paesino durante il monsone. Nella nostra guest house, che pure era in muratura, c’era così tanta acqua nell’aria che gli asciugamani in bagno erano bagnati, il materasso era bagnato, il cuscino era bagnato. I capelli non mi si riuscivano ad asciugare in nessun modo, il phon era totalmente inutile.
La notte piovve di nuovo. Ci svegliammo di soprassalto per il rumore fragoroso delle gocce sulle foglie larghe e verdissime di una pianta accanto alla nostra finestra. L’indomani non c’era un centimetro di strada libero dall’acqua per camminare.
Per tutto il tempo che stemmo lì non ci si asciugò praticamente mai nessun vestito, tanto che quando poi tornammo a Mumbai avevamo l’impressione di avere un nugolo di moscerini che ci giravano attorno, un po’ come Pig Pen di Snoopy.
Che a Colombo ci fosse il monsone adesso già lo sapevo, ma mi è bastato ricevere questa foto stamattina perchè provassi anche io di nuovo la sensazione di essere inumidita.
Capirete allora che, quando il marito mi ha telefonato dallo Sri Lanka oggi pomeriggio e mi ha chiesto se ero uscita e com’era il tempo a Roma, prima di rispondere ho cercato conferma fuori dalla finestra: goccioloni di pioggia che si abbattevano rumorosamente sui vetri e vento che scuoteva le cime dei pini del nostro condominio.
E dunque gli ho risposto: “Il tempo, dici? Guarda, niente male…”
queste distanze mi fanno un po’ di magone, ma non farci caso, che son robe mie che non sono tanto a posto. dai che almeno qui fa caldo. pare.
Comunque tutta l’umidità del monsone non equivale a quella di Venezia, eh…
…ma a Goa ci sei andata con la vespa gialla?
Io ricordo lo Yemen come il solo posto peggiore di Venezia in termini di umidità, una città sul mare, quaranta e rotti gradi, non si respirava. Venezia è cosa per dilettanti. (ma son le distanze che fanno magone, non Goa, che non ci sono mai stata).
Ma allora non sono l’unico!!! Per caso eri a Oklahoma ieri?? Un abbraccio
Non ci provare bbbello, un conto sono i disastri ed un altro le calamità stagionali. Mi sa che a Oklahoma ieri c’eri tu o almeno è partito un tuo fax verso quella destinazione.
E comunque sei antiquato, i fax non si usano quasi più.
una volta mi sono trovato in mezzo ad una tempesta di sabbia….vale lo stesso?
Vale eccome. Giusto un po’ più asciutto.
non mi hai messo alcuna voglia di andare a goa! che bello!
Ci sono stato a Goa, e anche a Mumbay. Ma nella stagione giusta (dicembre). Ma il maritino se fuori c’è il monsone è costretto a stare in camer… ah, no. Questo non lo scrivo.
Scusa, questo messaggio si autodistruggerà in dieci, nove, otto, sette, sei… secondi.
>>>B O O M<<<
Nella prossima foto da Colombo si vedrà la copertina de Il Leopardo 😜
dici? Nella prossima secondo me c’è Lolita di Nabokov! 😀
BBBBBOOOOOMMMMMMMMm!!!!
No, questo mai. Credo che quel libro lo brucerà un cameriere per errore. Cameriere a cui avrò fatto un bonifico dall’Italia, ma sono pure coincidenze
Siete mai stati a Sigapore? C’è un clima umido tutto l’anno ma almeno negli alberghi con l’aria condizionata è tutto più sopportabile.
Sara
Mai, mai stata. Però già solo leggendoti mi è mancata l’aria. 🙂 Grazie di essere passata da qua.