Ecco una domanda del marito (a bruciapelo) a cui non so rispondere: “Vabbè, ma ora che ci dovrei scrivere nel mio primo tweet?“.
E come dargli torto, in effetti.
Riassumiamo quali sono i modi che abbiamo per comunicare: cellulare (telefonate&sms), WhatsApp, skype, email, Facebook, blog, twitter… capisco che può esserci un po’ di ridondanza. Considerate, poi, che qualche veterano usa ancora il telefono fisso ed io, per non farmi mancare niente, scrivo ancora cartoline e snail mail…
Dunque la domanda è legittima, anche perché alla fine le persone con cui comunichiamo sono più o meno le stesse (ci potrà essere qualche amico che legge twitter ma non il blog o qualcuno con cui ci si scambia solo qualche mail), ma è pur vero che anche le cose da dire sono più o meno limitate!!!
E poi siano esse tante o poche, come ultimo elemento da considerare, non tutti hanno la stessa spinta all’estroversione (grazie al cielo) e magari qualcuno non vuole condividere proprio tutto tutto (mioddiounparia!!!). E allora??
Bè, lo volete sapere? Ho poche idee e confuse!
Alla fine vivo in una nuvola carica di informazioni, bersagliata da miriadi di dettagli di cui potrei fare a meno; a volte mi capita di ricordare di aver letto una notizia interessante, ma non sapere né chi me la ha mandata/detta né dove oppure di voler ricercare qualcosa di scritto/detto e non avere idea di dove iniziare a guardare.
Apparire in “ambienti” social differenti mi spinge a ritagliarmi delle sfaccettature diverse: sono una persona sul blog (con dei tratti ben accentuati), un’altra su twitter, un’altra ancora nelle email che scrivo o al telefono. E questo non vuol dire semplicemente che i legami con le persone si vanno via via intensificando a seconda del mezzo usato, vuole solo dire che mi rendo conto che il mezzo mi impone autonomamente una sua “etichetta” o linea di condotta.
Come leggevo l’altro giorno in un post interessante (e come poi discutevo con un amico), questa ridondanza di informazioni ci esaspera, rischia di togliere anche l’ultimo briciolo di poesia o di mistero, ci fa svelare le carte molto prima del tempo e… non sempre le carte giuste alle persone giuste.
Ma se questa iper-connessione-globale è la coperta di Linus degli anni moderni, ci dà la grande sicurezza (quella di esistere) e titilla anche il nostro ego, io non credo affatto che il processo sia arrestabile.
Penso sicuramente che muterà e si assesterà magari a livelli meno intensi di questi, ma sicuramente permeerà la nostra vita in modo definitivo. E allora tanto vale buttarsi tra le onde, trovare un pezzetto di legno della dimensione giusta e farne la propria tavoletta da surf. In questo modo, pur senza mettersi a gareggiare con i surfisti più fighi che cercano l’onda perfetta in tutto il marasma di comunicazione, riusciremo a stare a galla.
E allora adesso che mio marito torna a casa, so che suggerimento dargli per il suo primo tweet: esattamente quello che scrissi anche io.
“In punta di piedi“.
Capito qui per la prima volta ed ho letto il tuo post con piacere.
Io ho un blog come diario ma per me è lontano dal social.
E si. Devo ammettere che twitter tocca le corde dell’ego. Ho iniziato sinceramente perché ho comprato l’Iphone. E scrivevo tanti inutili pensieri che mi vengono in mente.
Però effettivamente quando uno ti segue, ti dici “urca! Davvero sono interessante” e scopri che nella sostanza, no non lo sei!
È diventato un gioco a collezionare contatti, forse più Facebook che a me non piace proprio.
E ragionandoci, hai ragione alla fine si finisce per parlar sempre con le stesse persone.
Ieri un amico, sapendo che andrò a Londra e forse in un apt vicino Abbey Road, mi ha detto “Figo, così avrete subito il vostro twitterino mentre attraversate le strisce come i Beatles”.
A parte che poi non abbiamo piu preso l’alloggio da quelle parti, io non so cosa sia twitter.