Quando la L è muta

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Che poi lo capisco che non scrivo da un po’ e in teoria non potrei uscirmene con un post del genere. Perché è una cattiveria.
Però se considerate che quello che ho fatto oggi pomeriggio è stato andare a sentire la conferenza del premio Nobel per la Fisica prof. Haroche sulla potenza e le stranezze della fisica quantistica, allora capirete che non potevo scrivere di altro.

Fare una cosa del genere ha del tafazziano: è voler avere la dimostrazione incontrovertibile non soltanto che il tuo cervello è limitato, ma che è esagerato anche solo chiamarlo cervello.

E così, nella sala Ercole dell’ambasciata di Francia, si è definitivamente sgretolato quello che restava del mio ego, già abbastanza messo alla prova dal fatto che ultimamente sapreiu farvi a occhi chiusi la graduatoria dei pannolini 0-3 mesi in circolazione, ma già saprei dirvi molto meno di quello che succede in Italia (“Ma dai, c’è il governo Letta? E quindi Gianni Letta ce l’ha fatta, eh?”).

Il professor Haroche, dai basettoni pronunciati, parlava in modo calmo e accettava magnanimamente che il mondo si divide in due categorie e per la maggior parte delle persone la fisica quantistica è totalmente controintuitiva, perché spesso in contraddizione con quanto si osserva nei fenomeni macroscopici, ma non ci poteva fare un bel niente, perché il futuro passava da lì.

Detto questo nella sua prima slide, probabilmente per pulirsi la coscienza, dalla seconda slide in poi ha iniziato con gaussiane e funzioni d’onda (non proprio) e ci ha fatto capire, tra chi capisce e chi non capisce, lui da che parte stava.

E inoltre, sempre molto seraficamente, dando una sferzata alle parole del presidente del CNR che aveva chiesto ai suoi ricercatori di non perdere mai di vista la concretezza degli studi, ha chiuso il suo discorso dicendo che le vere scoperte innanzitutto sono nate da studi durati anni se non addirittura decenni (basta milestones di 6 mesi alla ricerca, ha aggiunto), ma soprattutto da studi che non erano finalizzati a produrre qualcosa ma che erano pura e semplice speculazione.
“E un paese è tanto più libero quanto più incentiva le menti alla speculazione scientifica fine a se stessa.” Triste detto in questo momento storico ed in Italia, ma i francesi non hanno peli sulla lingua.

E comunque se inizialmente pensavo che la conferenza in sè fosse già l’umiliazione più grande alla fine invece lo è stato il fatto di non esserci andata da sola.
Diciamo che essermi seduta accanto al mio amico fisico Fabio, che mentre Haroche parlava annuiva verso di me sorridendo come per dire “Si, esatto, è più o meno come dice lui” mi ha doppiamente mortificato.
E quindi non me la sono sentita di dirgli, neppure salutandoci, “Guarda Fabio, non te la prendere, ma io avevo frainteso: io ci sono venuta a sta conferenza perché pensavo che fosse La Roche quello delle creme… io pensavo che si leggesse Haroche perché la L era muta…”

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40 risposte a "Quando la L è muta"

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  1. Ho trovato un po’ di nomi noti, in questo scritto, e mi ha molto divertito. Comunque, con la fisica quantistica si comincia così: ‘ma ti pare, si potrà sicuro trovare un modo più sensato di spiegare le cose’. Poi, ci entri dentro, e ti scordi che è controintuitiva. (Comunque, il tuo amico è un outstanding anche lui).

  2. la verità è che ti sei troppo romanizzata! abbelllaaaa! apippoooo! anvediii! arocheeee!!! 🙂
    la fisica Guantistica è controintuitiva? embhè? io conto molto sulla gente come Fabio…anche perchè guardando la slide nella foto, intuitivamente ho capito di stare nella controintuizione.
    ma stava davvero parlando della “ricostruzione dello stato quantico di un GATTO a partire da qualche fotone”???

      1. FU ci scherzi??? lo vedi che combina il trasloco?
        sei diventata peggio di zelig! parli di cinese e ti cinesizzi…
        sei sicura di voler pronunciare la parola “scatola”? :/

  3. sulla Quantica (che mi affascina da sempre) conosco solo il punto di vista post-hippy del Tao della fisica, sono un fisico mancato, nel senso che al tempo mi mancarono “le palle” per infilarmi in quattro anni di equazioni…in più, abito al Quinto piano, senza ascensore, un macello… 😀

          1. nono, io non mi muovo nemmeno con la forza pubblica…e dove lo trovo un altro terrazzo così largo e riservato?
            comunque traslocare in discesa si può, fu il contrario che mi provocò bei pianti dirotti 🙂

  4. anche avesse parlato solamente delle tempistiche dei progetti, ecco, haroche meriterebbe un monumento. un m.o.n.u.m.e.n.t.o.! basta milestones di (anche-meno-di, a volte!) 6 mesi, per diamine, basta!
    ci stiamo sempre più statiunitizzando in questo, stiamo sempre più andando nella direzione che potremo scrivere progetti fittizi solo su lavori che sono già conclusi all’80-90% sennò non ti finanzia nessuno, e con scadenze di milestones ravvicinate per giustificare i finanziamenti nei confronti dei “competitori” che avrebbero anche delle bellissime idee me che per ragioni politiche “non devono” essere finanziati.
    questa cosa mi manda in bestia!!! e sentirla dire da un nobel, quando tutti i professoroni fanno buon viso a cattivo gioco ma ci stanno e accettano, è boccata d’aria.
    e mannaggia che non c’ho pensato ieri sennò aggiungevo pure questo aspetto nel post che ho scritto sulla ricerca.
    buona giornata, 4p.

    1. caspita che post che hai scritto tu!
      comunque sì, abbastanza rivoluzionario. Diceva: “passo davanti al centro di ricerca francese e vedo gente che parla, che discute senza uno scopo. Ed è da lì che nasce il futuro. In Italia succedeva a Pisa, ma tanto tanto tempo fa…”

      1. confermo.
        serve?
        mi duole dirlo ma i francesi in questo sono imbattibili. Il loro senso del progresso è fuori norma e coniugano una buona organizzazione ad una buona analisi ad una buona capacità intellettuale ad una buona concretezza. Spero mantengano questo aspetto che gli deriva anche da quel sano snobismo che tutti troppo facilmente criticano, come Torino spero non perda mai la sua vecchiezza di insegne e costumi.
        E scusate se torno sempre lì.

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