
Ci sono persone che hanno un proprio singolare concetto della consecutio temporum (intesa in senso lato).
Queste persone saranno protagonisti involontari di episodi di particolare ilarità per il resto del mondo. Fidatevi, lo dico per esperienza diretta: le persone di cui parlo sono i miei genitori.
Nella loro vita prima come coppia, poi come singoli individui e poi nuovamente come coppia (stento ancora a crederci!), i miei sono riusciti a farsi tutti i tipi di guerra conosciuti in età moderna: l’estenuante guerra di trincea, la guerriglia con bande armate “a ro cojo cojo”, le bombe a grappolo, il fucile di precisione, i gas e la fionda.
Il conflitto è stato lunghissimo e le vittime civili sono state numerose; il fatto che io sia sopravvissuta (anche se con un bel po’ di tare) ha però avuto dei vantaggi innegabili: sono la super-teste di una serie di episodi eccezionali che hanno alimentato, negli anni, in una fruttuosissima tradizione orale di storie ad uso e consumo dei miei amici. Alcune di queste storie hanno addirittura assunto una vita propria e me le ritrovo raccontate da persone terze che mi vogliono far fare due risate: credo che questo significhi “successo”.
Uno degli episodi a cui sono più legata, anche se non è il migliore, accadde una sera dei primi anni Novanta, poco dopo il rientro di mio padre dal lavoro.
Negli anni le regole da seguire in casa mia per salvarsi la vita sono state diverse, ma una che a seguirla comunque non ti sbagliavi era questa: chi parla per prima è perduto.
Eravamo quindi tutti bravissimi nell’evitare di incrociare lo sguardo con chicchessia, di muovere un sopracciglio o anche semplicemente di pensare una cosa che potesse portare ad una conversazione, perchè comunque ci andavi di mezzo. Era un po’ come se nella conta per giocare a nascondino toccava a te andare a cercare gli altri: ecchessfiga!
Mio padre, con temerarietà, dopo un po’ disse: “Prima o poi devo chiamare tizio, che non lo sento da un po’”.
E mia madre rispose: “E non puoi, tizio è morto”.
“Come è morto?”, chiese mio padre,
“Sì, è morto”, fece mia madre.
E lui: “E quando???”
E lei: “Qualche settimana fa”.
“E tu non me lo hai detto???”
“E tu mica me lo hai chiesto?”
E così mio padre se ne uscì con una frase che poi negli anni è rimasta una pietra miliare per la mia crescita, come i migliori romanzi di formazione:
“E posso mai tornare a casa la sera e chiedere È morto qualcuno oggi???”
PS: Anche se tu fai il vago e non ne fai parola, qualcosa mi dice che hai scoperto il mio blog. Tana papà, questo post è dedicato a te.
si ride amaro
Già che si rida…
🙂
Salute!
Anche tu quindi sei un hacker! Buon sangue nn mente… 😁😁😁
accidenti, ma allora fai come gli adolescenti che lasciano il diario segreto -che poi non è più segreto- sul tavolo del salotto?
No, così mi uccidi, lo sai?
ma se tu sapessi quanto io voglio bene a questi adolescenti qui che ci passo tutte le giornate.
Ahahaaha! Tana per il papà allora! 🙂
Via i padri dai blog.
No, intendevo: dai blog dei figli.
Mi abbono agli altri pettegolezzi. (Io sono stato traumatizzato dai commenti fuori tema di mio padre).
bel racconto fantasy e bella la chiusa a sorpresa tipo “il sesto senso”… ricordami che ti devo regalare la maglietta “achtung cazzimmen!”
La maglietta mi sembra di averla.
non ti spiace se ho finito di leggere il tuo post toccando ferro?….(oddio…non sono proprio di ferro però dicono porti bene)
Spero che fossi solo in stanza, non vorrei aver nuociuto alla tua reputazione.
e dato che uordpress dovrebbe essere più figo di blogspot..io non vedo tanto bene le tue foto…tipo che mi pare di intuire lo sforzo paterno di coprire il libercolo con varie maglie…ora tu puoi giurare di averlo avvistato solo passando o solo FRUGANDO? no, perchè è importante questa testimonianza, vostro onore!
cmq è eccezionale, tuo padre intendo (“E posso mai tornare a casa la sera e chiedere È morto qualcuno oggi???”)…che poi io me lo riformulo in testa l’accento di quella conversazione! 😀
Anche secondo me. Disse la frase più bella che si poteva dire in quelle circostanze.
magari ti sarebbe bastato chiedergli “hai scoperto qualche blog oggi?” perchè lui ti raccontasse di aver trovato il tuo. Come è vero che l’esperienza dei padri non è mai servita ai figli….
senti, guardato con un certo distacco ti potrei dire che il tuo babbo avrebbe posto la domanda perfetta, al momento perfetto, per una chiosa perfetta, durante un match di improvvisazione teatrale!
(a parte questo, fammi capire una cosa, ché io a queste cose arrivo sempre tradi, o comunque dopo di quando sarebbe stato opportuno: intendi dire che c’è un modo per sapere chi accede al tuo blog?!? cioè, intendo a parte quelli che si iscrivono direttamente inserendo la propria mail nell’apposito spazietto?)
aaaahhhh… ma qui entriamo nel tecnico…!
😛
Uàh! 😀 “e come?! Me lo dici così che sai che ti ho scoperto?”
…mi era preso un colpo…
…scusa
U_U
Ora ce puoi dire, era vera la tua intuizione e sul serio aveva scoperto il tuo blog?
P.S. battuta fantastica, complimenti al babbo!
Allora.
Sono passati diversi anni.
Non me lo ha mai detto di preciso.
Ma una volta durante un (suo) viaggio in Austria, ho avuto un’impennata di traffico da lì, cosa mai più successa.
Dunque sì, io temo di sì.
Siamo una famiglia strana ed io sono la più normale.
L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale!
Tara tarà, Tara tarà…