Privilegi

somehowChe fossi una privilegiata me ne rendo conto solo ora.

Quando ero piccola avevo una casetta che affondava i piedi nel mare. La lontananza con la mia casa di città era davvero minima, tanto che lo spostamento in auto sarà durato al massimo mezz’ora, ma quando si chiudeva casa e si partiva, il viaggio era definitivo.

Quando ero piccola piccola si andava già a fine maggio se non addirittura prima; quando sono diventata grande si doveva aspettare la fine della scuola, ma ad un certo punto il momento arrivava.

La casa aveva il fascino di quei posti impermeabili al passare degli anni, di quei posti che, pur di mantenere intatta la propria anima, riescono ad opporre una resistenza passiva a qualsiasi cambiamento. Da che ricordi io, dalla mia infanzia alla mia adolescenza qualche modifica mia madre ha cercato di farla, modifiche che per lei significavano miglioramenti, dato che ha sempre odiato qualsiasi forma di “fissità”. Ma, pur con tutto l’impegno, i suoi interventi sono sempre stati marginali e secondo me la casa era sempre più bella prima che dopo, più bella cioè quando era un po’ più scomoda e un po’ più malridotta.

Il pavimento, con qualche mattonella che traballava, gli specchi in bagno, i finestroni per le scale, la stoffa degli armadi a muro, il pozzo inutilizzabile, la porta di legno mangiato dal mare dello scantinato, le tracce dell’edera sul muro bianco, lo scalino scheggiato. Le pentole. I ventaglietti di carta che si chiudevano in un astuccio nero. Il trasformatore per accendere la TV. Le carte da gioco talmente tanto attaccate tra loro che non si riuscivano più a mischiare.

Insomma, io sono cresciuta come un diario scolastico: come lui anche io non avevo pagine tra giugno e settembre ed il mio capodanno era l’inizio della scuola.

Le mie estati sono state sempre, e sottolineo sempre, fatte di una solitudine totale. Di colazioni in giardino con gatti sconosciuti, di pomeriggi interi passati sugli scogli a guardare il mare, di radio, di libri, di vento, di chitarra, di barca a vela quando ero oramai grande. Quando mi svegliavo vedevo sul muro di fronte al letto il riflesso del sole che arrivava attraverso i buchi tondi delle tapparelle ed a seconda di quanto era alto sul muro potevo indovinare l’ora esatta. E per merenda mangiavo una fetta di pane fresco con olio e pomodori. Però le mie estati, di persone, non sono mai state fatte mai.

La sera la passavo seduta sul balcone, che se c’era vento il mare mi bagnava il vestito tanto era vicino. E nonostante fosse la posizione meno comoda per starci una serata intera, io volevo sempre avere i piedi incastrati tra la sdraio e la ringhiera. E ci mettevo almeno mezz’ora ogni sera ad individuare il posto che avesse meno ruggine per sistemarci i piedi scalzi. E più facevo pressione con le gambe e più la ringhiera, corrosa dalla salsedine, sembrava venire via. E passavo tutta la sera così, a guardare e ad ascoltare, aspettando che la luna sorgesse da dietro al monte Faito e che colorasse di chiaro un po’ di mare, che scorrazzassero lontano le lance a tutta velocità con la luce verde, se andavano verso il castello, o invece rossa se andavano verso il mare aperto, e che passasse la piccola lampara a remi. Quando arrivava sotto al mio balcone quella barchetta così piccina, io nel buio più totale non intravedevo neppure il profilo del pescatore, vedevo solo gli scogli sommersi che la luce illuminava con una potenza accecante e sentivo quello sciabordio ipnotico del mare sotto al remo che saliva e scendeva lento. Io quel tratto di mare lo conoscevo a memoria, ma gli scogli illuminati dalla lampara ogni sera prendevano una forma nuova che io credevo di non aver mai visto.

Arrivavo che ero una persona ed in quei tre mesi ne diventavo piano piano un’altra: tutti gli anni accadeva così.

Questi ricordi mi sono riaffiorati esattamente così qualche giorno fa. Come spesso mi succede con le cose che non fanno più parte della mia quotidianità, erano riposti chissà dove, ma così ben preservati che a riprenderli in mano mi sono intenerita e ho pensato: “Ma guarda tu…, e pensare che se da un lato mi sembrano così caldi, dall’altro mi sembrano quasi pittoreschi… e invece sono stati la mia vita per così tanto tempo!!!”

Intesa nel suo senso più pieno, per me non è più estate da tantissimi anni, anche se le mie ultime estati sono state magnifiche e non le scambierei con quelle per niente al mondo, però tecnicamente per me non è più estate da tantissimi anni.

E quello che è certo poi, per i tempi che cambiano e per il lavoro che faccio, è che sarà praticamente impossibile far vivere a Bibi estati così, estati di tre mesi interi in cui il tempo non corre più ed in cui i giorni finalmente si somigliano. Con tutta probabilità lei vivrà cose di gran lunga migliori e si divertirà molto di più di quanto mi sono divertita io; le sue vacanze saranno più concentrate e più dense, avrà meno occasioni per annoiarsi e conoscerà più persone.

Però se ci ripenso adesso, io all’epoca non mi ero mai lontanamente accorta di essere così privilegiata.

19 risposte a "Privilegi"

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  1. È molto bello quello che hai scritto. Anche nei miei ricordi c’è una vecchia casa che rimane uguale a se stessa nonostante il passare del tempo e lunghe giornate spensierate, fatte di sole, sabbia e salsedine. Come era diverso, tutto. È vero, era un privilegio e a quel periodo risalgono i ricordi più belli. Per un attimo mi hai portato indietro nel tempo. Grazie. Alice.

  2. Noi, quando eravamo ancora una famigliola tutta unita di quattro persone, ci spostavamo ogni anno, e di casette e appartamenti ne abbiamo visti tanti, ma nessuna di quelle l’ho mai sentita mia. In compenso abbiamo visto tanti posti bellissimi.
    A proposito, mi è stata utile la tua pagina sulla Croazia. 🙂

  3. La tua vena poetica mi piace un casino. Anche io ho avuto estati molto poco cittadine in cui mi divertivo con poco e quel poco spesso me lo inventavo. Dove facevo fuori pile di vecchi fumetti e le giornate nn finivano mai. Anche io ho capito negli anni il privilegio che ho avuto e quanto il tempo possa essere un lusso. Questo mi ha aiutato tanto quando per 4 mesi nn ho avuto nulla da fare, ma anche nei due anni precedenti. Non ho avuto eccessive ansie. Sono riuscito a mettere a frutto e quasi a godere di quel periodo prendendo la rincorsa per saltare più in alto quando fosse finito.
    Ora sono in volo e spero di atterrare bene, intanto posso dire che di quella tua casa io ricorderò sempre, oltre alla posizione meravigliosa: Gargiulo con la paletta del cesso nella mousse al cioccolato, Dimitri-Tafazzi, ma soprattutto Lamù.
    Scolpiti, per sempre, nel marmo della mia memoria

  4. e chi dimentica la tua casetta…
    e a Bibi un giorno faremo vedere un video … di tante estati fa…
    di un weekend…

  5. sei bella con i piedi nel mare. (anche io avevo estati di tre, quattro mesi. le mie piene di persone, però. pienissime, che più che i luoghi, quasi quasi ricordo meglio i volti, e la bici certo, quella sempre).

  6. Le tue estati in costiera sorrentina ti hanno cresciuta per quello che sei, con o senza ascensore, fatta di sole e salsedine. . Le estati son piene e lunghe per tutti quelli che crescono, sarà così anche per Bibì. Ti leggo con piacere anche perché mi fai vedere un mare che conosco: il mare dell’adolescenza. 🙂

  7. Che tempi e che ricordi, la mia estate era in campagna con quello che sembrava un rapido, ma in realtà erano 15 giorni, passaggio sull’isola azzurra. solitudine manco a parlarne, anzi al contrario sempre gente, sempre la stessa. e pure quella gente non cambiava mai, pur crescendo o invecchiando, a seconda.
    Poi cresci, il privilegio sembra diventare una prigione e scappi via, verso viaggi (meravigliosi), esperienze (significative), e quel paradiso perde un po’ del suo brillio, che riconquista solo dopo tanti anni, quando, immancabilmente e irrevocabilmente, è passato. Perchè una caratteristica unica di questi luoghi è che li riapprezzi solo quando proprio non puoi averli più, sennò la crescita li trasforma in “ovunque ma non lì”, a caccia di indipendenza.

  8. Ecco. Ora questo post supera quello di Thor! E dire che c’ero di molto affezionata eh, a quel fantastico pezzo barbarico!
    Mi sento solo di commentare tristemente che io ci farei mille volte a cambio con quelle estati lì…che le ultime, si, belle, viaggi, visi, scoperte…ma quello scoprirsi dentro nello stupore e nell’ozio infantile non ha paragone.

  9. …stupendo… molto evocativo.
    Molti di noi hanno avuto un luogo dove l’estate era “estate” e dove le giornate erano fatte di piccoli e grandi riti, di passeggiate, di libri, di pisolini pomeridiani.
    Ricordo quando i miei scelsero il primo anno di andare a Marina di Bibbona in un appartamento. Ho pianto tutte le mie lacrime e urlato fino alla sfinimento perchè io volevo fare quello che facevano le mie compagne: viaggi, villaggi vacanze dove conoscere altri bambini della mia età, vacanze in compagnia di amici di famiglia che a loro volta avessero figli con cui poter giocare… Niente! La decisione era stata presa e l’appartamento, pure!
    Ci siamo andati per tanti di quegli anni e ho amato così tanto quel posto che adesso, nonostante tutti i bei viaggi che faccio, quel luogo, le sue spiagge, la passeggiata fino al Caffè della Posta di Bolgheri, il Forte dove tira sempre vento, l’alabastraio Rossi (dove compravo i regalini per i nonni e gli zii), l’annuale gita a Baratti e Populonia e quella a Volterra e San Giminiano… sono la mia idea di vacanza perfetta. Mi mancano tanto, mi manca tanto la sensazione di protezione, di raccoglimento e la bellezza di quei luoghi….
    Sì, anche io sono stata una privilegiata….

  10. Le “tue” estati son state le “nostre” estati, per noi bambini degli anni ’80.
    Non faceva in tempo a suonare la campanella dell’ultimo giorno che eravamo già in libreria a prendere il libro per le vacanze da mettere in valigia e poi via! Prima tappa il mare (quando andava bene) e poi due mesi ininterrotti su in montagna, in Val d’Aosta. Quella che ho sempre considerato la mia “prima casa bis”, affettivamente a pari merito – se non al primo posto – rispetto alla mia casa di sempre.
    Io ci son cresciuta con una piccola marmaglia di più-o-meno-coetanei, amici che rivedevo tutti gli anni in quell’occasione e – se andava bene – per Capodanno o per Pasqua. Altrimenti a ogni fine agosto ci si dava l’arrivederci all’estate successiva.
    Estate dopo estate, la nostra vita era fatta di giochi tra cortile, giardino, cantine e – al massimo – il vigneto e il primo tratto di strada che andava su per la collina. Per tanti anni. Poi improvvisamente ho messo il naso fuori e ho scoperto la vita da grandi, nuovi orizzonti, spazi da esplorare, gente nuova, i primi amori.
    E poi sono cresciuta, occasioni per andarci ce ne son state sempre meno e ora è da anni che non riesco quasi più ad andar via..
    E allora ricordo sì, che quando arrivava Ferragosto sentivo che si stava avvicinando la fine di quella bella parentesi, e cominciava a prendermi la tristezza degli sgoccioli..
    E invece ora arriva Ferragosto e io devo ancora capire se riuscirò ad andar via e come e dove..
    Però.. però mi piace che siano ricordi, dolci e pervasi di una luce calda, di affetto e tenerezza. Se ci penso, anche a non far nulla non ci annoiavamo. Ora non ce la farei. Dovrei sempre andare in giro, muovermi, fare.
    E allora va bene così. Buona Estate. Un abbraccio.

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